Napoli è una città ricca di tradizioni e culti tra i più svariati, alcune molto ilari e folkloristiche, altre tradizioni, invece, sono ammantate da un’aura di mistero, magia, superstizione. Napoli è effettivamente una città magica, misteriosa ed esoterica; una delle manifestazioni di questo esoterismo superstizioso è la pratica delle “anime pezzentelle”. Passeggiando per il rione Sanità è facile imbattersi in cappelle note con il nome di “grotte delle anime purganti” all’interno delle quali ci si imbatte in resti umani su altari in cui sono raffigurate le anime purganti e oranti che chiedono al passante sollievo dalle pene. Il sollievo si traduce in doni e cibo da parte dei vivi che in cambio delle preghiere per accelerare l’ascesa al Paradiso, chiedono a loro volta una grazia. È una tradizione unica che trova il pari solo in alcuni riti del sud America.
Nascita del culto delle anime pezzentelle
La superstizione dei napoletani e i loro riti scaramantici sono ben noti e la loro carica superstiziosa li accompagna ovunque vadano, basterebbe passare davanti a una qualsiasi agenzia di pompe funebri a Roma o a Milano, per esempio, come la Cattolica San Lorenzo per “scatenare” i riti propiziatori e gli scongiuri per attirarsi la buona sorte. È ovviamente una bonaria esagerazione nei confronti di una popolazione che sa ironizzare anche sulla morte. È vero che il culto dell’Antenato a Napoli risale alla notte dei tempi: i sotterranei di Napoli, a 10-12 metri sotto il livello stradale, custodiscono delle necropoli risalenti al IV-III sec. a.C. Il rione Sanità è quello che conserva meglio il maggior numero di questi accessi ai sotterranei di Napoli. Le necropoli ospitano ancora sarcofagi dipinti o scolpiti del V secolo a.C. che si mescolano con catacombe dedicate al santo patrono, San Gennaro, in cui è possibile rinvenire ancora tracce di riti pagani legati misti alla cultura cristiana. Fin dagli albori dell’era cristiana, questi luoghi sono sempre stati deputati ad essere destinazione cimiteriale fino ad arrivare al 1656, anno della Grande Peste, in cui questi luoghi divennero i punti di raccolta e accumulo dei corpi dei deceduti appestati, divenendo nel tempo un grande ossario comune. La pratica di gettare in queste fosse comuni i corpi dei morti per malattie epidemiche si ripeté nel 1836 con le vittime del colera. È proprio a cavallo del XVII e XVIII secolo che si sviluppa il culto non approvato dalla Chiesa delle “anime purganti” dette anche anime pezzentelle. Le pandemie del ‘600 e dell’800 hanno provocato un cambiamento radicale nella cura del defunto perché impedirono e annullarono ogni rapporto diretto e personalizzato con i propri defunti gettai nelle fosse comuni e privandoli di un luogo in cui praticare il culto o la memoria degli antenati. Le anime pezzentelle sopperirono, così, a questa mancanza iniziando il culto dei defunti anonimi come fossero defunti di famiglia. Il termine “pezzentelle” deriva dal latino “petere” che significa chiedere, questuare e si crea una sorta di reciproco scambio tra le anime defunte e i vivi dove in cambio di grazie e protezione, i vivi elargiscono preghiere e doni per agevolare le anime del Purgatorio. Si crea, così, una commistione di riti pagani, magia, religione e superstizione. Un ritorno alla pratica del culto delle anime purganti si registrò nel secondo dopoguerra quando si ripresentò l’utilizzo di queste necropoli sotterranee in cui venivano rinvenuti i corpi deceduti dei dispersi di guerra. Le donne napoletano cercavano i propri cari proprio in questi luoghi provando il doppio dolore per la morte e per l’impossibilità di avere un corpo su cui piangere. La necessità quindi di “adottare” una o più anime purganti anonime si radica così sempre più nella cultura partenopea.
Come si svolge il rito
Le versioni sono varie, ma l’elemento comune è il sogno. La tradizione vuole che un’anima purgante compaia in sogno a un fedele prescelto al quale comunica il luogo dove recarsi per rinvenire le sue ossa. Il giorno dopo, il fedele si reca nel luogo indicato in sogno e recupera la “capuzzella”, ovvero il cranio della presunta anima purgante. In un sogno successivo, la stessa anima si palesa con il nome e chiede il “rinfresco”, ossia qualcosa per alleviare le pene del purgatorio. In cambio, il fedele richiede una grazia, solitamente cose molto pratiche e quotidiane come trovare un lavoro, un fidanzato, il matrimonio, una vincita milionaria e cose simili. Intanto, la capuzzella viene pulita, selezionata e personalizzata con rosari, fiori, mattonelle, teche. Se l’anima purgante esaudisce le richieste dei viventi, viene premiata, adottata e “familiarizzata” costruendo intorno ai suoi resti mortali delle teche o degli altari decorandoli con pizzi e tessuti, cibo e candele; se invece non assecondava le richieste, veniva punita inizialmente capovolgendo la “capuzzella” e se ancora non si otteneva la grazia richiesta la si buttava via nuovamente ignorandola e riportandola all’oblio.